Arte da Rubare. Chi è il vero artista?


Facciamo un gioco. Chiudiamo gli occhi e immaginiamo di essere in giro per le strade della nostra città e di imbatterci in un'opera d'arte, in un quadro, in una scultura o in una foto d'autore. Immaginiamo che su quell'opera ci sia sopra un foglietto che inviti al furto della stessa.
Dite che è un sogno improbabile?
Che è frutto di una fantasia che non ha confini?
Vi state sbagliando.
Aprite gli occhi, guardatevi intorno con curiosità, non solo per vedere dove state mettendo i piedi, e vi renderete conto che ho ragione io, che tutto quello che vi ho appena chiesto di immaginare è reale e tangibile.
Come può essere possibile una cosa del genere? A chi può venire in mente di organizzare il furto della propria opera d'arte?


Ideatore e primo artefice del progetto Arte da Rubare è Marco Cantarelli, in arte Canz52, che si è prestato a rispondere alle mie domande e a spiegare cos'è, come nasce e quali sono le prospettive future del Collettivo di artisti che contaminano le città con le loro opere usando il nome Arte da Rubare e che hanno per motto "Tu sei l'artista rubando le nostre opere".

Ogni progetto ha una sua storia, un suo background. Qual è la storia di Arte da Rubare? Tutto ebbe inizio...
Tutto ebbe inizio più di dieci anni fa in un periodo in cui avevo prodotto parecchie opere. Decisi di lasciarle in strada. Cominciai, una sera, a lasciare tre quadri e il giorno successivo noi li trovai più, perché qualcuno li aveva presi.
Da persona molto curiosa avrei voluto sapere chi era stato a prenderli. Così nacque l'idea di lasciare dietro al quadro il mio indirizzo di posta elettronica, che doveva essere il punto di contatto tra me e lo sconosciuto.


Le sere successive lasciai il mio "messaggio nella bottiglia"  e presto cominciarono ad arrivare delle risposte.
Nella prima mail che ricevetti c'era scritto "fanculo al Guggenheim, bella iniziativa, se servono altri quadri fammelo sapere".
Questa mail mi fece ridere e mi spinse a continuare.
Negli anni, però, cambiai la formula. Il messaggio con la sola mail mi dava una percentuale di risposta molto bassa, perché spingeva a fare un tuffo nel buio, a scrivere una mail a uno sconosciuto. Così cominciai  a mettere un messaggio sempre più articolato, sempre più gentile, che invitava le persone a scrivermi.
Quello che fa forte l'idea è la dicitura "Arte da Rubare". Non ho mai cambiato questa dicitura, anche se mi hanno detto che se scrivessi "Arte Regalata" avrei più risultati.
In questo modo, invece, le persone sono messe di fronte a una sfida: rubare!

Siete un gruppo internazionale di artisti che insieme formano un Collettivo. Come vi siete conosciuti e cosa vi unisce?
Dopo dieci anni di attività da solo c'è stata la svolta.
Un mio amico un giorno mi mostra un quadro e mi dice "Guarda questo ragazzo fa qualche cosa di molto simile a te". Dietro c'era una mail tedesca. Scrissi subito una mail a questo artista tedesco e cominciammo uno scambio di mail intenso e capimmo subito che c'era feeling.
Zeitwille (questo è il suo nome), in quel periodo, portava avanti un progetto artistico in un orfanotrofio in Africa.
Dopo questa esperienza, durata due anni, si è trasferito a Roma ed è cominciata la seconda fase del progetto: siamo prima diventati due, poi tre artisti e la stampa ha cominciato ad occuparsi di noi.
Eravamo usciti impavidi dopo gli attentati di Parigi e da quel momento è diventato facile essere sempre di più.
Attualmente siamo nove artisti a far parte del Collettivo. Oltre a me e Zeitwille ci sono anche Emme.xyz, Pino Boresta, Federico Cimatti, Francesco Brancheri, Mr Minimal, Daniele Tozzi, Andrea Gandini.

Quali sono le caratteristiche che deve avere un artista per entrare a far parte del Collettivo?
Prediligiamo la conoscenza diretta degli artisti, che fanno parte del gruppo. Sono artisti che conosciamo e con i quali si crea empatia. Non è solo un discorso qualitativo delle opere, ma deve scattare anche un feeling personale.
Per quanto riguarda l'ammissione di nuovi membri, non è una cosa che escludiamo, però non vorremmo che diventasse una operazione di accoglienza telematica tramite Internet che portasse a far entrare qualsiasi persona all'interno del gruppo.
Solitamente chi entra nel gruppo è conosciuto da almeno uno dei membri, che fa il possibile per far incontrare il nuovo membro agli altri. Nella realtà non tutti i membri si sono incontrati. Il trait d'union tra tutti gli artisti del collettivo siamo io e Zeitwille.
C'è un collaboratore, poi, che è in Colombia, un fotografo, a cui Zeitwille ha lasciato tutto il materiale per creare nuove opere e gli ha dato il mandato per continuare a produrre e rilasciare opere sulle strade. In cambio noi esponiamo in giro per l'Italia le sue fotografie.
Questo sodalizio avvalora di più la tesi che non è importante l'atto della produzione dell'opera in sé e per sé, ma per noi il culmine del momento artistico si ha quando  l'opera viene rubata.
Chi ne fa richiesta può utilizzare il nostro format e contribuire a far crescere un network di gruppi che utilizzano questa idea per realizzare una vera e propria rivoluzione artistica.
Noi chiediamo loro di mostrarci i loro risultati e poi pubblicheremo i contributi che ci piaceranno di più.


Con quale criterio scegliete le strade e le città teatro delle vostre performance? Che caratteristiche devono avere?
Nessun criterio. Possiamo essere ovunque. Approfittiamo dei nostri viaggi per contaminare qualsiasi posto che raggiungiamo. Ciascuno di noi porta con sé opere anche degli altri in modo tale da essere in grado anche di fare delle mini
Occasionalmente organizziamo delle uscite più corpose e in quel caso partecipiamo tutti quanti.
Le nostre opere possono apparire nell'estrema periferia più degradata come nel centro più bello.
Ultimamente abbiamo fatto una mini mostra nell'antro dove viveva un barbone, nel pieno centro di Roma, e un pochino abbiamo anche sollevato i riflettori sulla sua problematica.

Ogni opera è accompagnata da un bigliettino che riporta l'invito a dichiarare il "furto dell'opera" con una mail da mandare all'artista che ha realizzato l'opera. Cosa rappresenta per te, e per gli artisti del collettivo , ricevere la mail?
Le prime opere non avevano nulla di scritto. Successivamente ho cominciato a mettere una mail, che è diventato poi un messaggio.
La sorpresa che hanno loro quando vedono l'opera e la prendono è la stessa che abbiamo noi quando, dopo settimane o mesi, riceviamo all'improvviso una mail di uno sconosciuto entusiasta di aver rubato la nostra opera.

Vi è mai capitato di avere compensi volontari dopo il "furto" dell'opera?
Durante l'ultima performance un signore mi voleva offrire del riso al curry che aveva appena acquistato.
Un'altra volta, una persona che aveva rubato una mia opera, poi, me ne ha commissionata un'altra.
C'è stata poi una persona che non voleva prendere un'opera, perché era in un momento di difficoltà e non aveva una casa. Lo abbiamo incoraggiato a rubare la nostra opera come buon auspicio per trovare una nuova casa.



Arte da Rubare realizza anche video, nei quali vengono raccontare le performance in strada. Che ruolo hanno questi video nell'ambito della performance artistica?
I video hanno una grandissima importanza per noi. In una società che va sempre più di fretta, il linguaggio del video è il più immediato, perché fa capire immediatamente cosa sta succedendo.
Noi cerchiamo di usare tutti i mezzi possibili per documentare l'evento del contatto tra il passante e l'opera.

La vostra particolare visione della fruizione dell'arte mi spinge a farvi una domanda sul mercato dell'arte. Quali limiti ha il mercato dell'arte e quali sono invece le potenzialità?
Il limite del mercato dell'arte è quello di far diventare "merce" quello che in realtà è una espressione personale dell'artista.
Il rischio è quello di far convogliare quello che vorrebbe produrre l'artista con quello che è desiderato dal mercato. L'artista è sempre in bilico tra la sua creatività e quello che il mercato richiede, che magari non è sempre nelle proprie corde.
Noi ci vogliamo staccare da questo, dal produrre ciò che il mercato vuole. Certo non riceviamo un compenso, ma siamo liberi di esprimere la nostra creatività.
Vivere di arte comunque è difficile e alla fine qualche compromesso bisogna farlo.


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