La Casa di Dante
Giovanni Boccaccio nel suo Trattatello in laude di Dante, descrive per la prima volta il poeta accompagnandolo con un celebre aneddoto:
" Fu dunque questo nostro poeta di mediocre statura e poi che la matura età fu pervenuto, andò alcuanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. I suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccoli, le mascelle randi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato, e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso."
Viene raccontata la Battaglia di Campaldino, alla quale prese parte lo stesso Dante. . Attraverso una narrazione abbiamo ripercorso i luoghi della battaglia, accompagnati anche da versi scelti tratti dalla Commedia.
Fulcro del racconto è il pugnale ritrovato nella piana di Campaldino dove l'11 giugno 1289 si combattè l'epica battaglia tra Guelfi e Ghibellini e alla quale partecipò lo stesse Dante.
Risalente probabilmente alla Battaglia e conosciuto come “pugnale di Dante”: esposto nella stessa sala della proiezione, riporta ancora, appena leggibile, la scritta TINACEUS: un invito alla tenacia e alla perseveranza.
Snodo importante del percorso di visita è la sala dedicata all’esilio del poeta: una tematica dolente, che lo ha colto “nel mezzo del cammin” della sua vita e lo ha condannato a lasciare la città natale fino alla morte. Una linea del tempo, su un pannello retroilluminato, mostra tutte le fasi da noi conosciute dell’esilio di Dante e le città che lo hanno ospitato.
Il secondo piano è dedicato alla Divina Commedia con alcuni volumi, tra i quali una riproduzione del Codice Trivulziano 1080, manoscritto trecentesco della Commedia.
Edizione pubblicata nel 1921 del Codice Trivulziano 1080 della Divina Commedia è la riproduzione in eliocromia del più antico testo a penna toscano del Poema scritto a Firenze 16 anni dopo la morte del poeta da Ser Francesco di Ser Nardo da Barberino. Il codice è riprodotto in tutti i minimi particolari.
E dell'antico Libro del Chiodo.
Il libro del chiodo è il libro nero della politica fiorentina. E' conservato all'Archivio di Stato della città e deriva il suo nome dai chiodi in ferro affissi sulla copertina. E' un registro della parte guelfa fiorentina in cui sono annotati i nomi dei cittadini condannati all'esilio o alla pena capitale tra il 1268 2 il 1379. Tra i condannati figura anche Dante nelle due sentenze del podestà che il 27 gennaio 1302 gli comminò l'esilio e il 10 marzo dello stesso anno lo condannò alla pena capitale.
Quello che però fa rimanere incantati tutti è la ricostruzione della camera Dante
Molto bella e ben riuscita è la "sala della divina commedia" nella quale abbiamo affrontato un viaggio immersivo nei tre regni dell'oltretomba dantesco: Inferno, Purgatorio e Paradiso
L'ultimo piano del museo è dedicato alla realtà aumentata con la quale si può fare una passeggiata nella Firenze medievale.
Se è vero che l'opera di Dante non può svincolarsi dal pensiero triste e nostalgico per la sua città anatale, che tanta rilavanza ha avuto nella sua vita e nella sua poesia è altretanto vero che neanche Firenze può affrancarsi dal debito culturale nei confronti del suo poeta più grande. Dante infatti vive ancora in ogni strada della città.
Usciti dal museo, con ancora negli occhi e nella mente pieni della sua storia, ci siao accorti di un gruppo di turisti che stranamente, anzichè guardarsi intorno, quardava il selciato. Incuriositi abbiamo asettato che si allontanassero per andare a vedere cosa ci fosse di così interessante in terra...
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